QUEL CHE PENSA LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI IN TEMA DI COMMISSIONE DI MASSIMO SCOPERTO.

ACCOLTO NOSTRO APPELLO INCIDENTALE PER OLTRE 130 MILA EURO

“La c.m.s., per poter essere valida, deve essere, quanto meno, determinabile, non solo nella misura percentuale, ma anche nelle modalità di computo.
In altri termini, è necessario che la clausola che la prevede contenga la puntuale indicazione di tutti gli elementi che concorrono a determinarla (percentuale, base di calcolo, criteri e periodicità di addebito) e la specificazione se per massimo scoperto debba intendersi il debito massimo raggiunto anche in un solo giorno o piuttosto quello che si prolunga per un certo periodo di tempo; per cui in assenza di univoci criteri di determinazione del suo importo, la relativa pattuizione va ritenuta nulla, non potendosi ritenere che il cliente abbia potuto prestare un consenso consapevole, rendendosi conto dell’effettivo contenuto giuridico della clausola e, soprattutto, del suo peso economico.
La Sezione ha ripetutamente affermato che, ove la clausola non preveda espressamente modalità obiettive e criteri per assicurarne la conoscibilità e determinabilità, l’addebito delle commissioni di massimo scoperto si tradurrebbe in una imposizione unilaterale della Banca che non trova legittimazione in una valida pattuizione e va, di conseguenza, dichiarata nulla”.
Questo è il principio stabilito dalla Corte di Appello di Napoli che ha respinto il gravame di parte avversa articolato in complessi punti( la sentenza è di 16 pagine) ed ha accolto il nostro appello incidentale, per oltre 130 mila euro suffragato da una consulenza tecnica di ufficio puntuale e significativa.
Un ringraziamento va alla curatela nella persona del prof. Eduardo Maria Piccirilli ed all’avv. Sergio Albanese del mio studio che ha curato con me il caso.
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