CENTRALE RISCHI: LA NUOVA PESTE

Oramai attraverso la segnalazione alla centrale rischi, di presunti imprenditori inadempienti,si provoca, ineluttabilmente, la distruzione dell’impresa e si rende incipiente il grave danno: l’impossibilità di poter accedere ad altre fonti di credito, indispensabili per un nuovo processo di intrapresa economica.
Chi è segnalato esce dal mondo dell’imprenditoria ed è rimosso dal circuito produttivo.
La segnalazione alla centrale rischi rappresenta una gogna, la mormorazione telematica, che porta al pubblico ludibrio, alla definitiva marchiatura del soggetto, non più assimilabile dal sistema.
Si pone il segnalato come imprenditore marcio, come mela bacata, non più affidabile per gli istituti di credito, che buttano via, come ciarpame, materiale di risulta, la sua impresa, che deve solo scomparire, fallire e subire, senza che nulla si possa fare altrimenti, il linciaggio morale, scaturito dalle peggiori vessazioni bancarie.
La devastazione che si è provocata con il fenomeno della ingiusta segnalazione alla centrale rischi assurge oramai a tragedia dell’economia per i suoi effetti perniciosi.
Gli imprenditori vengono segnalati senza che siano preventivamente ascoltati nel rispetto del contraddittorio, nonostante che la normativa lo preveda. E questo diventa un crimine.
Siamo ad una nuova peste con un untore, che, però, non subirà alcun processo.
Infatti, anche se le banche dovessero incautamente sbagliare nel segnalare quella impresa alla centrale rischi, perché non ne sussistono i presupposti, non subiscono alcuna punizione dall’ordinamento.
Si evidenzia, dunque, un vuoto normativo nel sistema giuridico: manca una legge che commini alle banche una punizione, se errano nel segnalare un correntista alla centrale rischi.
Gli imprenditori segnalati sono come gli appestati e come tali, in modo infamante, devono essere allontanati, confinati, spazzati via, perché provocano un ulteriore contagio.
La peste è la peggiore delle malattie, perché porta con sé separazione, esilio, bestialità.
Si è parlato in letteratura di una metafisica della peste, per illustrare proprio una categoria metastorica e filosofica, atta a farci comprendere, simbolicamente, il fenomeno della devastazione e dell’annichilimento umano.
Parole mirabili, inscalfibili sono state scritte, in proposito, in un bellissimo romanzo di Albert Camus: “La Peste”.
Ebbene la peste è in primo luogo separazione, esilio, allontanamento, rimozione: “chi ne è colpito non riesce più a risalire la china, non pensa mai al giorno della sua liberazione dalla malattia, tiene sempre gli occhi bassi, è incagliato a mezza via tra gli abissi e le cime, la speranza con il futuro ricongiungimento con la vita è lontana, si vive nell’abbandono ed i giorni passano senza direzione. Ci si sente come un’ombra errante, spenta in sterili ricordi, radicata nella terra del dolore, con una memoria desertificata: l’unico rimedio è la fantasia: far correre i treni e colmare le ore che passano inesorabili e nell’assoluta inanità, solo con i ripetuti rintocchi di un campanello, sebbene ostinatamente silenzioso”.
È la condizione di chi è segnalato: se prima godevi della fiducia della tua banca, dopo la segnalazione i fidi vengono contratti, si riducono sino alla revoca tassativa. La banca reclama il rientro, il ripianamento del debito senza considerare che forse, e senza forse, il suo credito può essere intriso di usura, di anatocismo, non secundum legem, ma contra ius, contro la legge.
Ma, intanto, prima che si possa richiedere un intervento giurisdizionale che ponga giustizia e metta ordine, il correntista deve rientrare assolutamente, pena una procedura ingiuntiva che possa escutere le fideiussioni fornite e costituire titolo per un’ipoteca giudiziale, che inesorabilmente condurrà al pignoramento.
La segnalazione è aberrante, perché provoca l’allarme nel sistema ed induce le altre banche al richiamo del correntista: tenere l’ordine per i propri conti. Se non potrà cancellarla in un torno di tempo ragionevole, gli stessi istituti saranno costretti, anche essi, a tagliare le linee di credito concesse, a revocare i fidi.
È la fine dell’impresa, il suo fallimento con inevitabile ricaduta, ad effetto cascante, per gli operai, che saranno licenziati, per i fornitori, che non saranno più pagati, per gli stessi imprenditori, che affolleranno ed impingueranno le fila dei disoccupati. E non possono rientrare nel sistema, né chiedere altri fidi ad altri istituti di credito. Subiranno protesti cambiari. Perderanno anche l’onore di essere prima che imprenditori padri di famiglia, mariti. Avvertiranno quel danno esistenziale, perdurante, endemico, che si racchiude e si identifica nella perdita di sé, conosceranno il lazzaretto di manzoniana memoria.
Oggi il sistema della segnalazione alla centrale rischi è divenuto estorsivo e ritorsivo.
Se un correntista intende mettere in discussione il suo rapporto con una banca, perché, per esempio, intende verificare ed appurare in che modo siano stati trattati i suoi conti e, dunque, reclama, attraverso una lettera o una citazione giudiziale, che gli siano restituiti interessi che la banca abbia trattenuto illegalmente, per tutta risposta ed inauditamente viene segnalato alla centrale rischi. Tale grave, ingiusto ed illegittimo comportamento non viene punito da nessuna legge: quest’ultima è a difesa del più forte.
È un sistema che produce solo devastazione e peste economica.
Le Banche impunite sono paragonabili agli untori che spargono peste, imbrattando le mura della città di unguenti malefici: l’aria è infestata ed è insopportabile.
Ma non c’è processo alcuno per i più forti. L’impunità delle banche produce miseria e peste nel silenzio omertoso del Sistema.
Una banca, senza ritegno, segnala, perché deve impaurire l’imprenditore o punirlo.
Ma nessuna legge, oggi, è presente nell’ordinamento per infliggere e comminare una pena giusta alle banche che, come untori autorizzati, disseminano la peste economica, provocando fallimenti ed ingiustizie nel tessuto produttivo.
Così gli istituti di credito, senza ottemperare alla precipua funzione di raccogliere il risparmio ed alimentare la ricchezza nel virtuoso processo di solidarietà, lasciano al suo destino cinico e baro l’impresa.
Si muova il sistema e si punisca l’untore: la bancocrazia.
Si puniscano le Banche che segnalano senza sentire, preventivamente, l’imprenditore.
( Il dipinto illustra la peste narrata da Manzoni ne “I Promessi Sposi”).
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