RIFORMA DELL’ART. 560 CPC: L’ANATRA ZOPPA ED IL GATTOPARDO.

Con il decreto legge denominato di “semplificazione e sostegno allo sviluppo” del 14 dicembre scorso n.135 è stata apportata, tra l’altro, una parca modifica all’art. 560 del codice di procedura civile che,nella sua struttura costitutiva,tuttavia,non è stato cambiato(art.4).
Infatti rimane inalterato e si aggiunge un altro comma-al terzo-del seguente tenore: “Tuttavia, quando il debitore all’udienza di cui all’articolo 569 documenta di essere titolare di crediti nei confronti di pubbliche amministrazioni risultanti dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, per un ammontare complessivo pari o superiore all’importo dei crediti vantati dal creditore procedente e dai creditori intervenuti, il giudice dell’esecuzione, con il decreto di cui all’articolo 586, dispone il rilascio dell’immobile pignorato per una data compresa tra il sessantesimo e novantesimo giorno successivo a quello della pronuncia del medesimo decreto. Della sussistenza delle condizioni di cui al terzo periodo è fatta menzione nell’avviso di cui all’articolo 570.”
È questo il risultato per ora raggiunto dalla battaglia di Sergio Bramini, ricordiamolo, sfrattato ignominiosamente il giorno 18 maggio scorso dalla sua casa, oggi aggiudicata provvisoriamente da un oscuro commerciante cinese,pur essendo un creditore dello Stato(nelle sue articolazioni periferiche), per oltre quattro milioni di euro.
Dunque dal tenore della nuova formulazione sembra di capire, ad una prima lettura, che:
1-i creditori delle pubbliche amministrazioni( non solo lo Stato ma anche gli altri enti, Regioni, Comuni, aziende municipalizzate ect.) sono da definirsi tali, se le loro pretese siano adeguatamente suffragate dalle relative e sottese certificazioni debitamente conseguite.
2-La pretesa dei medesimi deve essere superiore al loro debito portato e giustificato da quello del creditore procedente e di quelli intervenuti, nell’esecuzione promossa nei loro confronti.Dunque,per esempio,se un imprenditore è un creditore dello Stato o di altre pubbliche amministrazioni per euro 200 mila, è ammesso a godere del beneficio della riforma,solo se questo credito sia superiore ai suoi debiti, contrassegnati dalle pretese dei creditori-procedente ed intervenuti-nel processo esecutivo a suo danno per 190 mila euro.
3-In questo caso tal creditore dello Stato( debitore nella procedura esecutiva),a differenza degli altri debitori,potrà rimanere nella sua abitazione e dunque non essere sloggiato per un periodo tra i 60 e 90 giorni,decorrenti dall’ordinanza del giudice che fissa le modalità della vendita forzata, di cui al processo espropriativo avviato ai suoi danni.
Si tratta comunque di un importante successo, ma non può essere il risultato definitivo di una battaglia, semmai la prima pietra di un lungo percorso che deve approdare, invece, ad un esito che non riguardi solo i creditori dello Stato, ma tutti i debitori, che non abbiano questo requisito.
Infatti il disposto normativo potrebbe essere tacciato di incostituzionalità,per lesione dell’art.3 della Carta,proprio perché si attribuisce un privilegio( quello di avere più tempo nel rimanere nell’immobile pignorato),che dovrebbe essere riconosciuto a tutti i debitori, soprattutto quando l’espropriazione immobiliare colpisca la prima casa, a prescindere dalla qualità del debito.
Si direbbe che la riforma Bramini, almeno per quanto riguarda la modifica dell’art. 560 cpc, sia un’anatra zoppa, colorata da uno spirito gattopardesco,ingannevole e mistificatorio.
Ed in effetti è così. Il legislatore sembra che abbia dato un contentino: la montagna ha partorito il topolino.
Nella sua portata eversiva ed infame la norma è stata salvata, perché la sua struttura devastante è intatta.
Il custode può sloggiare il debitore( che non sia un creditore delle pubbliche amministrazioni)comunque, senza notificare precetto e senza notiziarlo dell’avviso con il quale prenderà possesso dell’immobile.
Il debitore qualunque sia la sua condizione, anche quella di malato terminale( si ricordi il caso di nonno Mariano),sarà scaraventato fuori dalla sua casa.
Non interessa se l’immobile sia prima casa, lo sfratto sarà comunque eseguito.
Il custode può comunque essere assistito dalla forza pubblica e dal docile fabbro, il boia inquietante che cambierà la serratura,per contrassegnare la perdita del sacro possesso.Anche gli arredi e le cose del debitore saranno apprese dal custode, perché difficilmente lo sloggiato si curerà di riprenderle.
La riforma che Bramini aveva richiesto era di tutt’altro tenore, ma i tecnici del ministero di grazia e giustizia,che hanno redatto la nuova formulazione con uno sforzo poco commendevole visto che solo un comma è stato aggiunto, non hanno voluto sentire ragioni.
Il disegno di legge Bramini in riferimento all’art.560 cpc era stato concepito così.
“Il Giudice dell’esecuzione, con ordinanza resa ai sensi dell’art. 569 c.p.c., dispone la nomina di un custode diverso dal debitore.
Il custode ha il dovere di vigilare, affinché il debitore ed il nucleo familiare conservino il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e ne mantengano e tutelino la sua integrità.
Il debitore ed i famigliari che con lui convivono, non perdono il possesso dell’immobile e delle sue pertinenze sino al decreto di trasferimento.
Il debitore, deve consentire, in accordo con il custode, che l’immobile sia visitato da potenziali acquirenti. Le modalità del diritto di visita sono contemplate e stabilite nell’ordinanza di cui all’art.569 cpc.
Il giudice ordina, sentito il custode ed il debitore, la liberazione dell’immobile pignorato per lui ed il suo nucleo familiare, qualora sia ostacolato il diritto di visita di potenziali acquirenti, ovvero l’immobile non sia adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di buona conservazione, per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare.
Al debitore è fatto divieto di dare in locazione l’immobile pignorato se non è autorizzato dal giudice dell’esecuzione [disp. att. 171].
Il Giudice non può mai disporre la liberazione dell’immobile pignorato, quando lo stesso è destinato alla casa di abitazione del debitore, ovvero se destinato come prima casa di abitazione dei famigliari che ivi hanno sempre convissuto, ovvero all’interno della stessa risiedono soggetti la cui tutela è costituzionalmente garantita, se non quando è reso il decreto di trasferimento.
Le sopraddette disposizioni si applicano alle esecuzioni in corso ed hanno effetto retroattivo”.
Ma Bramini, che voleva difendere i debitori e tutelare le legittime esigenze dei creditori,non è stato ascoltato.
Gli scribi del Ministero non hanno voluto dare sostanza al cambiamento.
Così scriveva Giuseppe Tommasi di Lampedusa:”Molte cose sarebbero avvenute, ma tutto sarebbe stato una commedia, una rumorosa, romantica commedia con qualche macchia di sangue sulla veste buffonesca. Il cambiamento in fondo può essere solo un inganno”(Il Gattopardo).
Speriamo che in sede di conversione del decreto legge, quest’anatra zoppa possa guarire: per dare senso ad un cambiamento, che non sia solo gattopardesco.
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