Riconosciuti il fido di fatto e la nullità di protezione
Revocato dal Tribunale di Terni un decreto ingiutivo per oltre 298mila euro per un’opposizione curata dal nostro Studio
In ragione di una nostra opposizione a decreto ingiuntivo, reso nell’interesse di una banca per oltre 298 mila euro, il credito dell’istituto si è rideterminato in euro 105 mila,con un risparmio di 193 mila euro a beneficio del nostro assistito.
La nostra citazione era pregna di molti rilievi, ma l’asse portante era rappresentato da due fondamentali nuclei concettuali, il fido di fatto e la nullità di protezione, fra loro strettamente collegati e connessi.
Il fido di fatto si constata in tutti quei casi nei quali non vi è un contratto tra le parti con forma scritta di apertura di credito.
In tali contesti la giurisprudenza ammette una pattuizione per facta concludentia, la cui ricaduta è quella di riconoscere natura ripristinatoria e non solutoria a rimesse contabilmente registrate come extra-fido (o in mancanza di fido), così escludendosi che le stesse possano essere “coperte” dalla prescrizione decennale.
Secondo una parte significativa della giurisprudenza di merito (ex multis App. Milano, 24 luglio 2018),anche in difetto di una espressa pattuizione scritta, si deve ritenere sussistente tra le parti un contratto di apertura di credito (c.d. fido di fatto) ,in presenza di taluni concomitanti indici sintomatici. Ciò può accadere, ad es., quando il correntista abbia a lungo operato costantemente con saldo passivo, comportamento che non avrebbe potuto tenere in assenza del consenso della Banca, che può non averlo segnalato alla centrale rischi.
Se dunque tra le parti si instaura tale rapporto,vengono meno preclusioni e perciò la relazione è provata per altri indici: in tal caso non è indispensabile la continuità e la integralità degli estratti conto, si applica la teoria del saldo zero.
Ciò si è verificato nel caso di specie tra le parti per un rapporto nato prima della direttiva CICR dell’anno 2000, dunque con una ricaduta sul piano del relativo recupero dell’anatocismo, oltre quelle di riconoscere le rimesse come ripristinatorie e non solutorie.
Il Giudice dell’opposizione ha anche posto in rilievo che il contraente più debole si sia avvalso della nullità di protezione.
La nullità “di protezione” pone la regola che prescrive un determinato requisito a vantaggio di una sola parte del contratto. È una regola di evidente derivazione consumeristica. L’ordinamento individua una particolare “categoria” di soggetti più vulnerabili e le cui posizioni soggettive appaiono sinallagmaticamente più “deboli” e appresta una tutela rafforzata delle stesse.
La pronuncia de qua, richiama tale istituto con tutta la giurisprudenza connessa.
Il cliente ha trovato sollievo( non l’avvocato che non ha visto il riconoscimento per un regime delle spese più favorevole).
Si ringrazia il dott.Antonello Caria per il prezioso lavoro come Ctp.
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