GLI SLOGGIATI COME LE VITTIME COLLATERALI DI BAUMAN; LA SOTTOCLASSE E LA NAUSEA DI JEAN PAUL SARTRE.

Un articolo pubblicato sui “Quaderni di Favor Debitoris”

Bauman sostiene la famosa teoria dei “danni collaterali”,che dovrebbe presiedere in ogni impatto e azione politica, militare che si intenda intraprendere.
Entrata di recente a far parte del lessico delle forze militari di spedizione e successivamente divulgata dagli inviati stampa mandati al loro seguito, l’espressione “perdita (o danno, o vittima) collaterale” denota degli effetti accidentali, inaspettati o (come direbbero erroneamente alcuni) “imprevisti” e tuttavia dannosi, nocivi, deleteri.
Definire “collaterali” alcuni devastanti esiti delle operazioni militari lascia supporre che questi non siano stati messi in bilancio,né al momento in cui l’operazione è stata pianificata, né al momento in cui alle truppe è stato dato l’ordine di entrare in azione; oppure che l’eventualità del loro possibile verificarsi sia stata considerata e soppesata e tuttavia ritenuta un rischio che valesse la pena correre, alla luce dell’importanza degli obiettivi militari in gioco.
Pensare in termini di danno collaterale implica tacitamente una disparità già in atto tra diritti e opportunità e l’aprioristica accettazione dell’iniqua ripartizione dei costi di un intervento (o, per quel che vale, dell’astenersi dall’intervenire).
Le vittime collaterali non sono da considerare quale costo da evitare,in quanto coloro le cui decisioni li hanno determinate,non li hanno ritenuti meritevoli di essere presi in considerazione durante la fase preliminare di progettazione.
Le vittime collaterali fanno parte della “Unterklasse” (sottoclasse) non è una comunità, bensì una categoria.
L’unico attributo comune a chiunque ne faccia parte è il marchio infamante dell’alienazione, dell’essere stato estromesso.
È lo stigma di un’esclusione assoluta, che preclude l’accesso a luoghi e situazioni in cui ogni altra identità umana e ogni titolo di riconoscimento sono creati, negoziati, prodotti o smantellati.
Essere totalmente esclusi, perché relegati alla “sottoclasse”,significa vedersi privare di qualsiasi simbolo esteriore socialmente prodotto e socialmente accettato e di qualsiasi segno distintivo che eleva la semplice esistenza biologica al livello di esistenza sociale.
La categoria della sottoclasse è estremamente liminale e dimostra a quale sconvolgente abisso il territorio dell’esclusione può condurre chi vi si addentra; un abisso oltre il quale non può che esservi che un vuoto, un buco nero senza fondo.
La sottoclasse è una vivida rappresentazione del nulla nel quale gli uomini potrebbero scendere, scivolare o essere spinti; il tormento di coloro che ne fanno parte appare disperatamente irreversibile e irreparabile, senza ritorno.
Una volta entrati a farne parte è impossibile tornare indietro,così come non si può tornare dall’Ade.
Chi fa parte della sottoclasse non ha riconoscimento sociale.
“Riconoscimento sociale” significa che la forma di vita di un particolare individuo trova l’accettazione di “coloro che contano”, i quali, riconoscendola meritevole e dignitosa, gli accordano il rispetto che è dovuto e solitamente viene esteso, a tutte le persone meritevoli e dignitose.
Queste significative considerazioni si rinvengono nella dottrina del grande sociologo polacco che ha ben compreso gli effetti di politiche che rimuovono i diritti dei più deboli: non esistono più infatti i diritti sociali, anche se costituzionalmente garantiti.
Gli sloggiati, le vittime collaterali delle espropriazioni immobiliari quando si attua l’ordine di liberazione previsto dalla sciagurata norma dell’art.560 cpc,sono quelli che non hanno tutela, alcun riconoscimento sociale, sono quelli della sottoclasse.
La battaglia di Sergio Bramini è per la salvaguardia di questi ultimi.
Il cambiamento se veramente lo si vuole,l’art.560 cpc va modificato, altrimenti( e lo diciamo ai nuovi politici)subentra la nausea di Jean Paul Sartre.
Biagio Riccio- Favor Debitoris- Monica Pagano

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