IL VALORE ED IL POTERE DELLA CULTURA.

IL DISPREGIO DEL COPIA ED INCOLLA

Antonio Gramsci, sul primo numero de “L’Ordine Nuovo”, periodico cui collaborò anche il liberale Piero Gobetti, pubblicato il primo maggio del 1919, così scriveva: “Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza”.
Allo stesso modo, Giuseppe Di Vittorio, padre del sindacalismo italiano e mondiale, quando era un bambino bracciante ed autodidatta e guadagnava, con lo sfruttamento del suo infame lavoro minorile, un irrisorio peculio,volle effettuare l’acquisto del libro che conteneva tutte le parole del mondo: il vocabolario. Si narra che la paga conseguita dai latifondisti sfruttatori non fosse sufficiente: preferì andar scalzo e vendette, con paradossale contentezza straripante, anche le sue scarpe.
Mi gratifico dell’amicizia di Sgarbi, di Veneziani, di Gianluigi Paragone, di Morgan, di Gianluca Vacchi, di Sergio Bramini, che spesso condividono i miei scritti, perché per ogni argomento che affronto, leggo tutti i libri possibili ed i connessi articoli di giornali o supplementi culturali. La media è di cinque libri al mese, più cinque quotidiani al giorno, letti durante la notte, dopo il lavoro e nei fine settimana.
Per scrivere, ad esempio, il mio prossimo “Biglietto d’amore”, per il mio terzo libro riguardante il carteggio e le lettere scambiate tra Alberto Moravia ed Elsa Morante,già ho letto tre libri e me ne mancano almeno quattro.
Segue la meditazione, la riflessione, l’estrapolazione delle evidenziazioni ed, infine, la sintesi in massimo tre pagine dattiloscritte per circa 1500 già lette.
Come è possibile, mi chiedo, copiare, predisporsi al taglio e cucito, al copia ed incolla di tanti e tante scribacchine che non leggono, non studiano, non conseguono una proprietà di linguaggio?
Eppure sfrontatamente appaiono attraverso video sul web, scrivono copiando ed hanno il cinico coraggio autoreferenziale di reputarsi esperti ed esperte (pubblicano anche libri a pagamento) e non hanno paura di fare brutta figura.Parlano dell’ovvio, alla Massimo Catalano, compagno di Renzo Arbore in “Quelli della Notte”. Diceva: “è meglio vivere con due pensioni anziché con una”.
Siamo alla cultura-sostantivo esagerato- truffaldina: viene venduto per vino buono un pessimo aceto.
Ma è il regalo dei soliloqui di Facebook di questi impostori – anche onorevoli – che hanno dimenticato la macerazione delle sudate carte.
E l’amarezza sale, sino al cupo ed inesorabile sconforto.
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