DRAGHI, COME FEDERICO CAFFÈ

I passaggi fondamentali dell’articolo di Mario Draghi sul Financial Times inducono a ritenere, come hanno scritto i migliori commentatori e studiosi di economia, che l’ex Presidente della Banca Centrale Europea si sia ricordato di essere uno dei migliori allievi di Federico Caffè e di  Franco Modigliani e di caldeggiare l’intervento dello Stato nella dinamica economica, non lasciando solo il mercato, preda di facile e repentini speculatori.
Come se Draghi si fosse spogliato dalla camicia di Nesso e avesse rinverdito quegli studi che vedono lo Stato come ultima istanza per una sana politica dei redditi e ridistribuzione equa e giusta della ricchezza.
Non lasciare soli quelli che restano indietro. Era questo il mantra di Caffè, il fulcro, l’ubi consistam dei suoi insegnamenti.
Federico Caffè pativa, come vergò in un famoso articolo su “Il Manifesto”, “la solitudine del riformista”.
Caffè così scriveva:

“Più che essere colpito dagli strali del retoricume neoliberista e sempre dello stesso stampo, il riformista avverte con maggiore malinconia le reprimende di chi gli rimprovera l’incapacità di fuoriuscire dal sistema. Egli tuttavia è troppo abituato alle incomprensioni, quali che ne siano le matrici, per poter rinunciare alla sua vocazione intellettuale”

( Il Manifesto, 29 gennaio 1982).

Sull’eco di una citazione di Einaudi, Federico Caffè sosteneva che l’intervento dello Stato nell’ economia, sotto qualsiasi forma, era finalizzato ad estirpare: “la miseria circostante intesa in termini di assoluta indigenza e di sostanziale emarginazione dalla vita civile.”

I suoi erano “messaggi inascoltati”, perché a volte “l’economia era intesa come scienza crudele”.

“Il fallimento del mercato” induce alla fondamentale elaborazione di una “teoria economia la cui chiave di lettura è quella di procedere ed individuare misure atte a rendere una civiltà possibile”. (Federico Caffè in difesa del Welfare State, Saggi di politica economica, II edizione, a cura di Paolo Ramazzotti, ed. Bisogni e risorse).

E questa primordiale vocazione di un richiamo alle origini, ai primigeni studi di keynesiana memoria che ha caratterizzato il fil rouge dell’articolo di Draghi.
1- La pandemia del coronavirus è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche.
2- L’economia lancia segnali preoccupanti giorno dopo giorno. Le aziende di ogni settore devono far fronte alla perdita di introiti e molte di esse stanno già riducendo la loro operatività e licenziando i lavoratori.
3- La sfida che ci si pone davanti è come intervenire con la necessaria forza e rapidità per impedire che la recessione si trasformi in una depressione duratura, resa ancor più grave da un’infinità di fallimenti che causeranno danni irreversibili.
4- È ormai chiaro che la nostra reazione dovrà far leva su un aumento significativo del debito pubblico.
5- La perdita di reddito a cui va incontro il settore privato – e l’indebitamento necessario per colmare il divario – dovrà prima o poi essere assorbita, interamente o in parte, dal bilancio dello Stato.
6- Il debito privato deve essere cancellato.
7- Il settore dell’economia privata non ha alcuna colpa e non è in grado di ripianare le perdite.
8- Quando ci furono le guerre mondiali in tutti i paesi, la base fiscale venne drammaticamente indebolita dai danni bellici. Oggi, ciò è causato dalle sofferenze umane per la pandemia e dalla chiusura forzosa delle attività economiche.
9- A questo punto, dovrà essere lo Stato a fornire un reddito di base a tutti coloro che hanno perso il lavoro ed a tutelare i lavoratori dalla relativa perdita.
10- È indispensabile un sostegno di liquidità monetaria sia per le grandi che per le piccole imprese, attraverso la sottoscrizione delle obbligazioni che emetteranno direttamente le società private che dovranno essere sottoscritte dallo Stato o dalla Banca Centrale Europea, senza che sia possibile pretendere la restituzione del denaro versato in prestito.
11- Allo stesso modo, attraverso le Banche e le Poste, i finanziamenti devono giungere direttamente all’economia reale, cioè alle imprese, senza che si sia obbligati alla restituzione.
12- Ma questo intervento va fatto immediatamente, evitando le lungaggini burocratiche. Le banche, in particolare, raggiungono ogni angolo del sistema economico e sono in grado di creare liquidità all’istante, concedendo scoperti oppure agevolando le aperture di credito.
Si potrà ottenere in questo caso la garanzia dello Stato per la restituzione.
13- Ma è l’Europa ben attrezzata per affrontare questo shock fuori del comune, in quanto dispone di una struttura finanziaria capillare, capace di convogliare finanziamenti verso ogni angolo dell’economia, a seconda delle necessità.
Forse è andato in sogno a Draghi Federico Caffè e l’ex Presidente della BCE si è liberato della Germania.
È realmente accaduto.

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