Senato della Repubblica

 XVII legislatura

N. 2136

Disegno di legge d’iniziativa del senatore Enrico Buemi

Comunicata alla presidenza il 17 novembre 2015

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Disposizioni sulla segnalazione erronea alla centrale rischi
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ONOREVOLI SENATORI. – E’ necessario, per richiedere una riforma nel meccanismo di irrogazione di sanzioni contro le banche che segnalano erroneamente alla centrale rischi, capire, sinteticamente, come si delinea questo fenomeno e quale sia l’attuale quadro normativo in tema di sanzioni. Altra premessa: la segnalazione alla centrale rischi, che spesso si rivela erronea, è la principale causa di fallimenti di imprese oltrechè di suicidi di imprenditori prima solvibili. Si prenda dunque l’abbrivio su quello che si definisce l’automatismo della segnalazione per poi analizzare il potere sanzionatorio di Banca di Italia e prospettare il presente disegno di legge.

L’ingiustificato automatismo nella segnalazione alla centrale rischi: sconfinamento e stato di insolvenza.

Deve essere posto nella dovuta evidenza che le Banche hanno fondamentali obblighi informativi, prima di effettuare la segnalazione alla centrale rischi, ai quali spesso non ottemperano.
Occorrerebbe che la Banca inviti al contraddittorio il potenziale segnalato, affinché il medesimo conferisca giustificazione al presunto allarme provocato dalla sofferenza che gli si debba ascrivere. Quest’obbligo informativo è sussumibile anche quando la segnalazione avviene per effetto automatico dello sconfinamento oltre i 30 mila euro. Si stigmatizzi che la segnalazione automatica di per sé è un dato pernicioso per l’imprenditore segnalato, dal momento che una volta avvenuta, qualora si dimostri ex post che sia illegittima, essa produce il danno consistente dello strepitus: allarmare il sistema e perciò impedire che il correntista possa ottenere da altri istituti linee di credito o fiducia e credibilità nelle relazioni tra le imprese.
Quello che si intende valutare è l’automatismo della segnalazione, che ha un effetto devastante per l’impresa segnalata, qualora non avvenga in buona fede, come si registra in tutti i casi in cui il segnalato non sia avvertito dall’istituto di credito.
La segnalazione avviene senza contraddittorio e dunque senza delibare, valutare, se dietro l’inadempimento vi sia colpa o dolo dell’imprenditore.
Prima dunque di segnalare, o per sconfinamento, o per sofferenza, la Banca deve:
effettuare un’istruttoria, al fine di ponderare se l’esposizione ascritta al correntista non sia viziata di interessi non dovuti e dunque intrisa di anomalie che possono anche comportare una considerevole riduzione del debito: la banca ritiene che il correntista sia andato oltre l’accordato, ma può accadere che lo sconfino non sia tale, perché l’istituto di credito ha computato interessi non dovuti che, se restituiti, abbassano l’asticella dell’affidamento concesso e la segnalazione non ha ragion d’essere.
Accertarsi che l’inadempimento non sia sintomo di insolvenza e non sia un fatto persistente, ma solo temporaneo e transitorio.
Che non vi sia colpa o dolo dell’imprenditore per il presunto inadempimento. Per esempio in tema di automatismo è stato ritenuto che: ”posto che non sussiste alcun automatismo fra l’inadempimento del correntista e la segnalazione alla Centrale dei rischi presso la Banca d’Italia, l’istituto bancario interessato è tenuto, prima di dar corso alla segnalazione stessa, ad accertarsi che il correntista sia stato preventivamente informato del recesso dal contratto e della revoca del fido eventualmente già concesso, nonché, e soprattutto, del fatto che gli sia stato inviato un atto di costituzione in mora, tale da mettere il cliente in condizione di ripianare l’esposizione debitoria ed evitare la suddetta segnalazione” (Tribunale di Bari 24.01.2008).
Il perseguimento dell’interesse generale, sotteso alla disciplina della Centrale dei rischi della Banca d’Italia, può ritenersi conseguito solo se gli intermediari utilizzano il potere di segnalazione nel rispetto delle regole dettate dalla normativa di riferimento, prima ancora che dei principi generali in tema di correttezza e buona fede.
E’ stato ritenuto dalla migliore dottrina: ”l’orientamento giurisprudenziale prevalente valuta la segnalazione come un fatto non automatico, implicante, piuttosto, una valutazione della banca in ordine all’insolvenza del cliente: il soggetto segnalante deve verificare, sulla base degli elementi oggettivi a sua disposizione, se il proprio debitore si trovi in una situazione che induca a ritenere la riscossione del credito a rischio, dovendo tenere conto di elementi quali la liquidità del soggetto, la sua capacità produttiva e reddituale, la situazione di mercato in cui opera, l’ammontare complessivo del credito: fermo restando che tali elementi non possono integrare da soli i presupposti per la segnalazione, laddove la concreta situazione del cliente non crei allarme quanto alla sua generale solvibilità .Tale orientamento evidenzia come il mero inadempimento del debito verso la banca, eventualmente accompagnato da un esplicito rifiuto di adempiere, non comporti la qualificazione della posizione del credito come in sofferenza, poiché la segnalazione deve ritenersi subordinata al requisito, in capo al debitore, dell’insolvenza, intesa come incapacità di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni con il suo patrimonio: a tal proposito, il soggetto segnalante, per verificare se il debitore si trovi in una situazione che induca a ritenere a rischio la riscossione del credito a rischio, dovrà tener conto di elementi quali, tra gli altri, la liquidità del soggetto, la sua capacità produttiva e reddituale, la situazione contingente di mercato e l’ammontare complessivo del credito(Segnalazione illegittima alla centrale rischi e danno risarcibile Fabrizio-Salvatore Angelo Danno e Resp., 2008. 8. 9. 881).
Quando poi si tratta di dover effettuare la segnalazione alla centrale rischi, in ragione di una sofferenza da ascrivere al correntista, la migliore giurisprudenza di merito di recente conio ha così statuito: “la segnalazione a sofferenza, proprio per il margine di discrezionalità attribuito all’intermediario nella valutazione rispetto ad altre segnalazioni a carattere automatico, richiede all’intermediario una attenta verifica della situazione di fatto, al fine di contemperare l’esigenza di contenimento del rischio creditizio e la tutela dell’interesse privato del soggetto segnalato” (Tribunale di Milano 29.08.2014).
La ponderata valutazione della situazione complessiva del cliente da parte della banca, scaturisce anche dal dovere di correttezza contrattuale (1175 c.c.), che si concretizza nella tutela dell’affidamento, di protezione e salvaguardia dell’interesse del cliente, atteso che la buona fede è anche fonte di eterointegrazione del contratto.
La banca deve procedere con l’attenta valutazione economica della situazione globale del debitore, prima di effettuare una qualsivoglia segnalazione alla Centrale Rischi (nel senso delle rilevanza della buona fede, v. anche Trib. Milano 23.9.2009 e Trib. Monopoli 17.6.2008). “Nell’effettuare siffatta attenta valutazione la banca è tenuta, ove necessario, anche ad instaurare il contraddittorio con il cliente e segnatamente nei casi in cui la sua situazione finanziaria appaia complessa, nel senso che non si manifesti palesemente pregiudicata al punto da poter ritenere senz’altro a rischio la riscossione del credito. Invero, come detto, se la finalità della segnalazione alla Centrale Rischi è quella di allarmare gli altri istituti di credito circa solvibilità del soggetto segnalato, è essenziale svolgere la valutazione richiesta con particolare attenzione, al fine di non escludere dal sistema del credito un soggetto che, al contrario, ad una più attenta analisi, sarebbe risultato essere meritevole. Pertanto, “la valutazione della complessiva situazione finanziaria del cliente” di cui parla la Banca d’Italia, va intesa nel senso che può rendersi necessaria anche la consultazione del cliente a chiarimenti sulla sua esposizione debitoria (Tribunale di Monopoli 19.05.2011 fonte Sito il caso.it 2011).
Presupposto fondamentale affinchè si determini la segnalazione a sofferenza, è la sussistenza di uno stato di insolvenza, da non confondersi con una temporanea difficoltà.
Deve essere escluso lo stato di insolvenza, ovvero la sussistenza di una situazione ad esso equiparabile, che legittima l’invio della segnalazione alla Centrale Rischi istituita presso la Banca d’Italia, qualora lo stesso sia stato dedotto da elementi non idonei a valutare compiutamente la capacità finanziaria dei soggetti ed enti di cui è stato dichiarato. Rilevato, infatti, che la dichiarazione di stato di insolvenza deve essere frutto di una valutazione negativa della situazione patrimoniale, valutazione oggettiva di grave e non transitoria difficoltà economica e incapacità finanziaria, non è legittimo far pervenire la relativa segnalazione alla Centrale Rischi, fondando detta dichiarazione sull’apprezzamento generico dei bilanci societari, anche se in perdita da diversi anni, nonché sulla sussistenza di esposizioni della medesima società nei confronti di altri Istituti di Credito. Risultano di contro elementi idonei ad escludere siffatta valutazione l’operatività sul mercato dell’impresa, il fatto che la stessa sia titolare di un patrimonio immobiliare ed in attrezzature ben superiore al credito vantato dall’Istituto bancario segnalatore e l’assenza di procedure esecutive o elevazioni di protesti. Deve peraltro essere rilevato che è onere di ciascun Istituto bancario, indipendentemente da ogni ulteriore ed approfondita indagine relativa alla capacità finanziaria dei propri clienti in presunta sofferenza, compiere, ricorrendo allo stesso sistema informativo della Centrale, accertamenti relativi ad elementi sintomatici dello stato di insolvenza quali la revoca degli affidamenti, l’emissione di decreti ingiuntivi, la sussistenza di azioni di recupero di crediti, pignoramenti, protesti, procedure esecutive in corso. L’omissione in ordine all’esecuzione di detto tipo di attività preliminare da parte dell’Istituto bancario che, come detto, abbia fondato la propria segnalazione solo su una superficiale valutazione dei bilanci e delle esposizioni del cliente, connota il comportamento dello stesso come imprudente e tecnicamente imperito (Cass. civ. Sez. I. 24-05-2010. n. 12626).
Ne consegue dunque che la segnalazione sia illegittima, qualora la Banca non abbia tenuto conto:
Della globale situazione economica dell’imprenditore che escluda, a prescindere del debito con l’istituto di credito, uno stato di insolvenza;
Non abbia assicurato la necessaria istruttoria all’imprenditore, tanto da doverlo preventivamente informare e notiziare circa la sua postazione a sofferenza.

2-Potere sanzionatorio: inevitabili lacune. Devoluzione all’autorità giurisdizionale ordinaria per evitare commistioni e parzialità.

Se dunque la segnalazione è illegittima quale è la conseguenza di tal comportamento ingiusto da ascrivere alla Banca? In sede giudiziale il Giudice ordinerà, con un provvedimento di urgenza, la cancellazione erronea ed il segnalato, per ottenere il ristoro dei suoi danni, dovrà sottoporsi ad un ulteriore giudizio, per dimostrare questi ultimi e conseguire una liquidazione equitativa.
Nel seno della circolare della Banca di Italia così è scritto: Il corretto funzionamento della Centrale dei rischi si fonda sul senso di responsabilità e sullo spirito di collaborazione degli intermediari partecipanti.
Ciò considerato e avute altresì presenti le conseguenze, anche di ordine giuridico, che possono derivare da un’erronea registrazione dei dati, gli intermediari sono tenuti a una puntuale osservanza delle norme che regolano il servizio e al rispetto dei termini segnaletici….
Gli intermediari sono tenuti a controllare le segnalazioni di rischio trasmesse alla Banca d’Italia e a rettificare di propria iniziativa le segnalazioni errate o incomplete riferite alla rilevazione corrente e a quelle pregresse.
Gli intermediari devono ottemperare senza ritardo agli ordini dell’Autorità giudiziaria riguardanti le segnalazioni trasmesse alla Centrale dei rischi (ad es. ordine di cancellazione di una sofferenza).
Ove l’ordine sia impartito alla Banca d’Italia, quest’ultima chiede prontamente tramite posta elettronica certificata (PEC) o a mezzo fax all’intermediario che ha effettuato la segnalazione di provvedere – tempestivamente e comunque entro i tre giorni lavorativi successivi a quello della richiesta – alla rettifica e all’eventuale riclassificazione della posizione oggetto di accertamento. In caso d’inerzia dell’intermediario, la Banca d’Italia provvede d’iniziativa entro il giorno seguente a quello di scadenza del predetto termine e avvia la procedura per l’irrogazione delle sanzioni di cui all’art. 144 del T.U.B. nei confronti dell’ente segnalante….
Le ispezioni concernenti il servizio centralizzato dei rischi vengono condotte, di norma, in concomitanza con quelle generali di vigilanza e sono volte alla verifica dell’attendibilità del sistema informativo, dell’efficacia dei controlli interni e dell’affidabilità delle segnalazioni.
Al termine dell’ispezione – ove emergano aspetti meritevoli di rilievo – viene consegnato ai Presidenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale un esemplare del fascicolo contenente le risultanze dell’accertamento. Entro trenta giorni dalla consegna del fascicolo l’intermediario fa conoscere alla Banca d’Italia le proprie considerazioni in ordine a quanto emerso, nonché le iniziative poste in essere e quelle allo studio per rimuovere le anomalie accertate; entro il medesimo termine l’intermediario deve inviare le segnalazioni di rischio omesse e/o rettificare quelle errate.
La violazione delle disposizioni concernenti il servizio di centralizzazione dei rischi emanate dal CICR e dalla Banca d’Italia può comportare l’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’art. 144 del T.U.B.
E’ conferito, dunque, per legge la possibilità di irrogare una sanzione, qualora sia stata effettuata ad opera di una banca un’erronea segnalazione alla centrale rischi.
Si tenga presente che nel seno della circolare viene utilizzato il termine può e non invece è dato per certo che commesso l’errore la banca debba essere punita.
La circolare dunque pone l’esercizio del potere sanzionatorio come facoltativo e non doveroso.
Ma vediamo quale è la disciplina sanzionatoria prevista dagli articoli 144 e 145 del Testo Unico.
Attesa la sua farraginosa compilazione, siamo costretti a dover estrapolare quello che interessa ai nostri fini.
Così è scritto nel primo troncone dell’articolo: “Nei confronti delle banche, degli intermediari finanziari, delle rispettive capogruppo, degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di pagamento e dei soggetti ai quali sono state esternalizzate funzioni aziendali essenziali o importanti, nonché di quelli incaricati della revisione legale dei conti, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 30.000 fino al 10 per cento del fatturato, per le seguenti violazioni”.
Quello che ci riguarda è la violazione dell’art.51 e dell’art.53 del Testo Unico.
Quanto all’art.51 ha scritto un autorevole Magistrato: “l’art.51 del T.U.B pone a carico delle banche l’obbligo di inviare alla Banca di Italia, per l’espletamento della funzione di vigilanza informativa, le segnalazioni periodiche, nonchè ogni altro dato o documento richiesto. Le banche perciò sono tenute ad eseguire mensilmente alla Centrale rischi le segnalazioni della propria esposizione creditizia verso ogni cliente…In pratica la Centrale rischi è allora strumento essenziale attraverso il quale la Banca di Italia esercita la sua attività di controllo sulle funzioni degli istituti bancari di raccolta di risparmio e di erogazione del credito. L’organo di Vigilanza svolge all’uopo un’attività di interesse pubblico, raccogliendo le segnalazioni dei rapporti bancari in sofferenza e comunicando le stesse agli istituti creditizi, onde consentire a questi la valutazione di solvibilità dei soggetti richiedenti il credito. Sulla scorta delle segnalazioni provenienti dalle aziende di credito delle esposizioni creditizie della clientela che superano i limiti di censimento, la Banca di Italia avverte così le banche sulla posizione globale di rischio di ogni singolo nominativo, per il quale abbia ricevuto una comunicazione di concessione di fido. Inoltre la Banca di Italia fornisce, sulla base dei nominativi censiti nella centrale rischi, anche il cosiddetto servizio di prima informazione per tutte le finalità connesse all’attività di assunzione del rischio. Perciò il diritto di informazione delle banche sulla solvibilità della clientela finisce per prevalere sul diritto di riservatezza degli utenti, in relazione ai rapporti che intrattengono con gli istituti di credito (Antonio Scarpa e Giuseppe Fortunato: Banche e responsabilità civile Giuffrè Editore 2008 pagine 85 e seguenti).

Quanto all’art.53 occorre fare una premessa, che attiene alla nascita della centrale rischi.

Sgombriamo il campo da un equivoco: da un punto di vista storico la Centrale Rischi non nasce, come spesso si ritiene, con il testo unico bancario del 1993. Infatti sorge già con il testo unico del 1936, che all’articolo 32 recitava: “le aziende di credito, soggette alle disposizioni della presente legge, dovranno attenersi alle istruzioni che l’ispettorato comunicherà, conformemente alle deliberazioni del comitato dei ministri, relativamente alle cautele per evitare gli aggravamenti di rischio derivanti dal cumulo dei fidi”.
È in questa espressione, “cautele per evitare gli aggravamenti di rischi derivanti dal cumulo dei fidi” che si vede quale sia la funzione e la finalità della Centrale Rischi.
Era quella, già intesa nel pensiero del legislatore del 1936, di concedere affidamenti solo ad imprenditori solvibili. Era perciò necessario predisporre delle cautele e dei mezzi per scongiurare l’aggravamento del rischio, derivante dal cumulo dei fidi, dal fatto che un imprenditore, avendo più linee di credito, potesse trovarsi nelle condizioni di non restituire il dovuto alle banche.
L’istituto della Centrale dei rischi è stato introdotto, nella maniera più esaustiva, nel nostro ordinamento giuridico con delibera del CICR del 16 maggio 1962, nella quale si era stabilito che il servizio di centralizzazione dei rischi era affidato alla Banca d’Italia.
La disciplina della centrale rischi è stata successivamente regolamentata dalla delibera del CICR del 29 marzo 1994. Quest’ultima segue l’emanazione del Testo unico Bancario che, come ben noto si è avuta nel 1993, con l’abrogazione di quello in vigore già dal 1936.
Nel 1993, rispetto al vecchio testo unico del 1936, il problema si poneva in una logica diversa per il rispetto delle direttive comunitarie: l’articolo 53 dell’attuale testo unico, che rientra nel Titolo III Capo I (quello che tratta sulla Vigilanza delle Banche), è indicato dal legislatore come Vigilanza Regolamentare.
Si pone la questione in modo netto e preciso: la Banca d’Italia, in conformità alla deliberazione del comitato interministeriale del credito risparmi, (CICR), rimanda a disposizioni di carattere generale che hanno come finalità il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni. Dunque la Centrale Rischi, come la definisce il legislatore all’art.53, è un mezzo necessario per il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni.
Il troncone dell’art.53 che ci riguarda ha questa testuale formulazione: “la Banca di Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR emana disposizioni di carattere generale aventi ad oggetto il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni”.
Dopo la delibera del CICR del 29 marzo 1994 la materia è stata novellata ed integrata, dato che la Banca d’Italia ha emanato, in data 14 novembre 2001, istruzioni per gli intermediari finanziari, implementando così la fondamentale Circolare dell’11 febbraio 1991.Uno degli ultimi aggiornamenti di quest’ultima risale alle circolari del 4.03.2010 e del 24.4.2011.
La Centrale rischi è dunque uno strumento informatico, al quale le banche e società finanziarie autorizzate, fanno pervenire un flusso di informazioni, che raccolga tutti i dati sulle posizioni di credito di un imprenditore.
C’è una preliminare questione da dirimere: tra il rispetto dell’interesse alla privacy, circa le informazioni sul conto di un imprenditore e quello pubblico per la tutela, lo sviluppo e la cura del credito e del risparmio, che rappresenta la finalità di natura costituzionale degli istituti di credito (art.47 Cost.), quale tra i capi dell’alternativa prevale?
Per il legislatore, quest’ultimo, dal momento che è un beneficio per l’economia nazionale aver al cospetto imprese sane e solvibili.
La Centrale Rischi diventa dunque un sistema informativo sulla posizione debitoria individuale del soggetto affidato; partecipano alla C.R. le banche iscritte all’albo di cui all’articolo 13 del testo unico bancario (tutte le società che sono autorizzate a concedere finanziamenti).
Gli istituti di credito e le società finanziarie autorizzate a concedere credito nel linguaggio del legislatore sono definiti intermediari, perché forniscono adeguate e puntuali informazioni al sistema della Centrale rischi.
La posizione che si riferisce ai segnalati viene definita censimento.
Gli intermediari comunicano periodicamente, su richiesta della Banca d’Italia e con le modalità da questa stabilite, l’esposizione nei confronti dei propri affidati e dei nominativi collegati, per esempio i fideiussori. Ad ogni soggetto partecipante, dunque agli istituti di credito e a chi ne fa debita richiesta, la Banca d’ Italia fornisce periodicamente la posizione globale di rischio di ciascun affidato e dei nominativi collegati.
Sul piano tecnico questo processo dà vita ad un flusso telematico di informazioni:
in entrata ogni banca è tenuta a conferire le informazioni su un determinato soggetto o impresa;
in uscita le informazioni riordinate e contemplate, devono essere rese pubbliche.
Il legislatore nell’art.144 punisce la Banca ed i suoi funzionari, qualora siano violati gli articoli 51 e 53: nulla statuisce in caso di segnalazione erronea.
Oltre a tale dato emerge dalla lettura dell’art.144 una serie di elementi fondamentali che sono necessari al nostro lavoro.
Il legislatore con la riforma avvenuta con il decreto legislativo 12 maggio 2015 numero 72 ha innovato anche la disposizione dell’art.144 e dunque si pone una responsabilità di natura oggettiva, cioè anche la banca intermediaria, oltre i suoi funzionari apicali e gli impiegati che abbiano violato gli articoli 51 e 53, subisce la sanzione amministrativa.
Si configura un minimo ed un massimo nella punizione edittale da euro 30.000 fino al 10 per cento del fatturato, per le violazioni.
Non sono previste sanzioni di natura penali.
Inevitabilmente, per quanto disciplina il successivo articolo 145 l’irrogazione della sanzione ed il suo preventivo processo istruttorio, avvengono sempre nel seno del circuito della Banca di Italia e non ad opera di un organo terzo.
Vediamo il tessuto normativo dell’art.145 del Testo Unico bancario:” Per le violazioni previste nel presente titolo cui è applicabile una sanzione amministrativa, la Banca d’Italia contestati gli addebiti ai soggetti interessati, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte, applica le sanzioni con provvedimento motivato. I soggetti interessati possono, entro trenta giorni dalla contestazione, presentare deduzioni e chiedere un’audizione personale in sede di istruttoria, cui possono partecipare anche con l’assistenza di un avvocato.
Il procedimento sanzionatorio è retto dai principi del contraddittorio, della conoscenza degli atti istruttori, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie.
Il provvedimento di applicazione delle sanzioni previste dal presente titolo è pubblicato senza ritardo e per estratto sul sito web della Banca d’Italia. Nel caso in cui avverso il provvedimento di applicazione della sanzione sia adita l’autorità giudiziaria, la Banca d’Italia menziona l’avvio dell’azione giudiziaria e l’esito della stessa nel proprio sito web a margine della pubblicazione. La Banca d’Italia, tenuto conto della natura della violazione e degli interessi coinvolti, può stabilire modalità ulteriori per dare pubblicità al provvedimento, ponendo le relative spese a carico dell’autore della violazione.
Nel provvedimento di applicazione della sanzione la Banca d’Italia dispone la pubblicazione in forma anonima del provvedimento sanzionatorio quando quella ordinaria:
a) abbia ad oggetto dati personali ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, la cui pubblicazione appaia sproporzionata rispetto alla violazione sanzionata;
b) possa comportare rischi per la stabilità dei mercati finanziari o pregiudicare lo svolgimento di un’indagine penale in corso;
c) possa causare un pregiudizio sproporzionato ai soggetti coinvolti, purché tale pregiudizio sia determinabile.
Se le situazioni descritte nel comma 3-bis hanno carattere temporaneo, la pubblicazione è effettuata quando queste sono venute meno”.
Era previsto nel seno della disposizione in esame un’impugnazione del provvedimento sanzionatorio innanzi alla Corte di Appello di Roma, ma essa è stata dichiarata incostituzionale (sentenza 9-15 aprile 2014, n. 94).
A seguito del varo del nuovo Codice del processo amministrativo le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti compresi quelli sanzionatori adottati dalla Banca di Italia, sono devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. L’art.135 comma 1 lett. c) del codice del processo amministrativo prevede, in tali casi, la competenza funzionale del Tar Lazio sede Roma.
Dunque, in sintesi, è la stessa Banca di Italia a dover, nel contempo, sia svolgere l’istruttoria (sia pure con le guarentigie del contraddittorio e della partecipazione del sanzionato al procedimento amministrativo ai sensi della legge 241/90), che irrogare le sanzioni.
Sta di fatto però che una violazione deve essere valutata dall’organo di vigilanza che non assume la caratterizzazione di terzietà, soprattutto perché le fondamentali funzioni di istruttoria e di comminatoria di sanzioni, seppure devolute a differenti organi interni, fanno comunque capo alla medesima struttura. La commistione è incipiente.
In secondo luogo nelle pieghe della legge, contrariamente ai fondamentali principi di chiarezza e tassatività in tema di sanzioni (legge 689/81) non è specificato, in modo adamantino, quale sia il precetto e quale sia la sanzione, in caso di erronea segnalazione alla centrale rischi, compiuta imprudentemente da una banca.
Il modello sanzionatorio dispiegantesi nel seno dell’organo di vigilanza che diventa dunque anche repressivo, non assicura imparzialità di giudizio, proprio perché la funzione istruttoria, sia pure con tutte le mitigazioni del caso, è in evidente commistione con la funzione decisoria, anzi subordinata a questa, come autorevolmente sostenuto da Marcello Condemi nel Commentario al Testo unico bancario (Cedam terza edizione pagine 2368 e seguenti).
Sarebbe più semplice devolvere all’autorità giudiziaria ordinaria e non dunque alla Banca di Italia, la funzione di delibare se il comportamento di una banca, in caso di erronea segnalazione alla centrale rischi, possa essere o meno, passibile di punizione.
Infatti per giurisprudenza consolidata è l’autorità giurisdizionale ordinaria e non il garante della privacy a dover delibare se una segnalazione sia o meno giusta.
In secondo luogo deve essere chiaro e palmare, nel seno della legge, quale sia la punizione che si intenda irrogare alla banca ed ai suoi funzionari, specificandone la sanzione pecuniaria.
In sintesi la riforma deve contenere queste coordinate:
Sia l’autorità giurisdizionale ordinaria a dover occuparsi di segnalazione erronea alla centrale rischi e non la Banca di Italia, atteso che siamo al cospetto di diritti assoluti, quali quello alla reputazione, all’immagine al diritto all’impresa costituzionalmente tutelati e garantiti (art.2, 3, 41). Tali diritti infatti vengono messi in discussione se non addirittura conculcati con un’erronea segnalazione: una gogna mediatica diventa insopportabile, si distruggono imprese e famiglie, quando, per effetto cascante, si provoca la crisi di liquidità.
Sia indicato con chiarezza il precetto e la sanzione, con una disposizione di legge da inserire nel Testo Unico. E’ ben evidente in quest’ultimo caso che le Banche, prima di procedere alla segnalazione, saranno più attente e più prudenti, perché sarà un organo terzo, il Giudice ordinario (e non a Banca d’Italia, rifuggendo da una giurisdizione domestica) a dover irrogare direttamente la sanzione, in caso di violazione del precetto normativo. Si evitano commistioni e decisioni parziali.
* * *
In sintesi, il presente disegno di legge parte dai seguenti presupposti.
La segnalazione alla Centrale dei Rischi di Bankitalia, che spesso si rivela erronea, è la principale causa di fallimenti di imprese e, purtroppo, di suicidi di imprenditori prima solvibili.
Il perseguimento dell’interesse generale, sotteso alla disciplina della Centrale dei rischi della Banca d’Italia, può ritenersi conseguito solo se gli intermediari utilizzano il potere di segnalazione nel rispetto delle regole dettate dalla normativa di riferimento.
Ifunzionari di banca sostengono che esiste un obbligo automatico di segnalazione in base al superamento di soglie, invece la normativa prevede una procedura, precedente alla segnalazione in Centrale dei Rischi, in contradditorio fra banca e cliente, una precisa valutazione basata su presupposti certi, un obbligo di informativa in capo alle banche. Nella realtà gli istituti procedono spesso a segnalazioni arbitrarie dell’azienda provocandone la rovina. In numerosi casi le banche disattendono le regole, perché sono consapevoli della mancanza di sanzioni in caso di lesione delle stesse.
L’attuale potere sanzionatorio, utilizziamo un termine benevolo, è alquanto confuso. E’ conferita la possibilità di irrogare una sanzione, qualora sia stata effettuata ad opera di una banca un’erronea segnalazione alla Centrale dei Rischi, ma si tenga presente che nel seno della circolare Bankitalia che regola le procedure viene utilizzato il termine può e non invece è dato per certo che, commesso l’errore, la banca debba essere punita. La circolare dunque pone l’esercizio del potere sanzionatorio come facoltativo e non doveroso. Non viene fornita un’identificazione precisa e chiara dei soggetti destinatari delle eventuali sanzioni. Dovrebbe essere invece chiaro e palmare, nel seno della legge, quale sia la punizione che si intenda irrogare alla banca ed ai suoi funzionari, specificando la sanzione pecuniaria.
In sintesi, è la stessa Banca di Italia (di proprietà delle Banche) a dover svolgere l’istruttoria, giudicare e, se del caso, sanzionare. Sta di fatto però che una violazione deve essere valutata dall’organo di vigilanza che non ha caratteristiche di terzietà. Infatti le fondamentali funzioni di istruttoria e di comminatoria di sanzioni fanno capo alla medesima struttura. Il modello sanzionatorio dispiegantesi nell’organo di vigilanza, che diventa dunque anche repressivo, non assicura imparzialità di giudizio, proprio perché la funzione istruttoria è in evidente commistione con la funzione decisoria, anzi è subordinata a questa.
E’ più semplice devolvere all’autorità giudiziaria ordinaria e non dunque alla Banca di Italia, la funzione di delibare se il comportamento di una banca, in caso di erronea segnalazione alla centrale rischi, possa essere o meno, passibile di punizione.
Perciò la riforma deve contenere queste coordinate:
Sia l’autorità giurisdizionale ordinaria a dover occuparsi di segnalazione erronea alla centrale rischi e non la Banca di Italia, atteso che siamo al cospetto di diritti assoluti, quali quello alla reputazione, all’immagine al diritto all’impresa costituzionalmente tutelati e garantiti (art.2, 3, 41). Tali diritti infatti vengono messi in discussione se non addirittura conculcati con un’erronea segnalazione: una gogna mediatica diventa insopportabile, si distruggono imprese e famiglie, quando, per effetto cascante, si provoca la crisi di liquidità;
sia indicato con chiarezza il precetto e la sanzione, con una disposizione di legge da inserire nel Testo Unico. E’ ben evidente in quest’ultimo caso che le Banche, prima di procedere alla segnalazione, saranno più attente e più prudenti, perché sarà un organo terzo, il Giudice ordinario (e non la Banca d’Italia) a dover irrogare direttamente la sanzione, in caso di violazione del precetto normativo. Si evitano così commistioni e decisioni parziali.
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